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giovedì 7 aprile 2011

Operazione Condor: la mano nera del Sud America


Il Condor è simbolo dei Paesi del Sud America. Questo maestoso animale è diventato purtroppo anche il simbolo della loro rovina. Il suo nome venne utilizzato per indicare una vasta operazione militare ed economica portata avanti dagli Usa per ribaltare i maggiori governi sud americani e istaurare regimi autoritari. Lo scopo principale di questa vasta rete di attività segreta era di ostacolare ogni azione rivoluzionaria ed impedire la diffusione del comunismo. Dietro queste pretese politiche vi erano in realtà altre cause di matrice economiche: le enormi ricchezze facevano gola e per facilitare la penetrazione delle multinazionali si appoggiarono governi favorevoli agli investimenti stranieri. I paesi coinvolti furuno molti: il Brasile, il Perù, la Bolivia, l'Argentina, il Cile ecc. ecc. e le operazioni si susseguirono in un lasso di tempo che va dal 1974 alla fine degli anni 80. Iniziamo quindi dal principio!

Una prima bozza di progetto politico venne fatto nel febbraio del 1974: i capi dei servizi segreti sud americani, tra i quali ricordiamo la Dina di Pinochet, si riunirono a Santiago del Cile prendendo una serie di accordi per fermare l'avanzata comunista nei loro paesi. In realtà già prima nel 1973 in un congresso degli eserciti americani il generale brasiliano B.B. Fortes propose una soluzione per bloccare la diffusione del comunismo trovando l'appoggio dei servizi segreti, specialmente quelli americani che patrocinarono il tutto. Come ho già detto su, l'obiettivo era quello di evitare golpe comunisti o comunque stroncare ogni movimento filocomunista. Ecco perché i maggiori bersagli di questa repressione segreta furono sostenitori comunisti e socialisti: giornalisti, studenti, sindacalisti, operai e anche donne, tutti comunisti, arrestati, i cui cadaveri non vennero mai più trovati (Desaparecidos). Secondo i dati del Conadep (Comitato nazionale delle persone scomparse, l'organo che dal 1983 si interessa di questo caso), i desaparecidos furono 300.000, ma il loro numero tende costantemente a salire. Ultime stime parlano di 400.000 scomparsi, ma il loro numero è in costante crescita. I mezzi impiegati per tali operazioni erano segreti e passavano sempre inosservate o meglio, per il terrore che incutevano, nessuno ne parlava. Gli squadroni della morte a servizio dei vari regimi giravano di notte a bordo di Ford Falcon verdi senza targa rapivano i malcapitati. Costoro venivano incarcerati in centri segreti per poi essere torturati e di loro da quel momento non si aveva più traccia. A proteggere e a finanziare tali operazioni vi furono gli Stati Uniti che creano in terra sudamericana alcuni centri di coordinamento: ricordiamo quello di Panama gestito dalla CIA nel quale si coordinavano le principali attività. I principali Golpe furono infatti guidati dai servizi segreti americani, ma non si esclude la mano di nazioni europee (Francia in primis).
Una rete estesa di relazioni che in 20 anni porto a ridimensionare i poteri nel Sud America. Pinochet, Peron, Tejada sono solo i più celebri burattini di questa vera e propria macchinazione. L'immenso lavoro, nonostante svolto in segreto e in costante pericolo di essere scoperti, diede gli effetti desiderati. Gli Usa si garantirono il controllo commerciale di queste zone e il comunismo venne "debellato". Accanto a questi "successi" si contano anche i danni che esso produsse: continue crisi economiche, arretratezza sociale, culturale e una immensa schiera di fantasmi, i Desaparecidos. La caduta di questi regimi verso la fine degli anni 80 segnò la fine dell'operazione, ma le rivendicazioni democratiche e socialiste non si fecero attendere. Molti generali e ministri furono arrestati e condannati, mentre altri ancora sono latitanti o si sono rifugiati in paesi amici. Emblematico è la scoperta fatta nel 1992 dal giudice paraguaiano J.A, Fernandez e dall'attivista Martin Almada, i quali scoprirono il cosiddetto Archivio del Terrore: i documenti relativi a tutte le operazioni svolte, in cui si rivela la partecipazione degli Usa nei Golpe e le condanne a esecuzioni fatte dai generali nonché l'elenco dei dispersi. L'Operazione Condor è un esempio lampante delle strategie di terrore messe in piedi dall'Impero per affermare nel corso del novecento la sua egemonia.

mercoledì 6 aprile 2011

I desaparecidos: i fantasmi del Sud America


Nessuno ne parla sia per l'oscurità dei fatti sia perchè argomenti troppo scomodi. Sono i fantasmi del Sud America, i Desaparecidos che in spagnolo significa "persona scomparsa". Infatti il Conadep (Commissione nazionale sulle persone scomparse) ha calcolato che fra il 1976 - 1983 sono scomparsi 300.000 dissidenti dei regimi cileni e argentini. Una faccenda poco chiara che grazie agli sforzi dei parenti e degli organi sovranazionali si sta chiarendo poco a poco. Iniziamo dall'inizio a raccontare questa storia vergognosa.

Tutto cominciò con la salita al potere in Cile del generale Augusto Pinochet nel 1973 il quale attraverso un Golpe mise fine al governo socialista di Allende che segnò l'inizio di questa strage. Non è sicuro, ma è molto probabile che dietro a Pinochet ci sia stato la mano degli Usa i quali avevano certamente paura che un possibile governo comunista venissi alla luce con Allende (Operazione Condor). L'ascesa del generale provocò un grande clamore in tutto il paese che porto la nuova dittatura a reprimerlo. Furono arrestati tutti i dissidenti scesi in piazza e furono esposti nello stadio di Santiago del Cile. Le foto dei carcerati esposti come trofei di guerra fecero il giro del mondo e causarono forti critiche al nuovo governo nero. Gli anni successivi dal 1973 al 1976 il mondo non seppe mai che fine facessero i dissidenti. Nessuno sapeva degli arresti e delle modalità brutali (che possono essere paragonate a quelle naziste e comuniste). I dissidenti venivano arrestati o meglio rapiti nel cuore della notte da squadre di militari in borghese che viaggiavano su Ford Falcon Verdi senza targa che in breve divennero simbolo di paura specie in Argentina. A questo punto i "criminali" venivano portati in luoghi segreti, come il centro di addestramento della Marina Militare ESMA a Buenos Aires, centri e carceri, la cui vera funzione si scoprì solo dopo molti anni. Qui i prigionieri erano torturati e seviziati: scariche elettriche e mutilazioni erano all'ordine del giorno. Che fine facevano poi i dissidenti? La risposta è ovvia: venivano uccisi e i loro corpi occultati, ma come? Anche a questa domanda si può rispondere facilmente: Voli della Morte. I prigionieri venivano sedati e gettati in volo nell'Oceano Pacifico o Atlantico con il petto squarciato per attirare gli squali: un sistema di occultamento molto efficacie! Questa strage andò avanti per anni e i regimi Sud Americani riuscirono ottimamente a nascondere il tutto. Non tutto però filò liscio: nel 1976 avvenne un episodio che mise in luce i sistemi di repressione. L'evento in questione ci fu in Cile nel 1976 ed è noto con il nome di "La notte delle matite spezzate". A La Plata scoppiò una protesta studentesca contro il regime di Pinochet. Durante la notte la polizia arrestò otto studenti ritenuti i capi della rivolte che naturalmente scomparvero senza traccia. Insieme a costoro vennero arrestati e uccisi altri giovani, tutti minorenni. Il Conadep ha stimato che furono uccisi circa 238 studenti. Era chiaro ormai cosa accadeva in questi paesi. Da questo momento in poi la verità venne a galla!

Nel 1983 dopo la caduta del regime argentino di Videla, il neopresidente Raul Alfonsine creò il Conadep, una commissione di inchiesta sulle stragi del ex governo militare che portò alla condanna di un gran numero di ex militari. Il contributo più grande che il Conadep diede al mondo intero fu il rapporto Nunca mas (Mai più), in cui si diedero le prime dritte su questa vicenda e che fecero da trampolino di lancio per le successive inchieste. In Cile la caduta di Pinochet portò le madri dei Desaparecidos a organizzarsi nel movimento Madri di Plaza de Mayo che ancora oggi chiedono chiarimenti e giustizia. I fantasmi però non si fermeranno e perseguiteranno ancora coloro che fino adesso sono sfuggiti alla giustizia.

lunedì 4 aprile 2011

L'Antiberlusconismo: una politica sterile


L'opposizione si è attestata su una stregua e inutile politica fondata sul concetto di Antiberlusconismo. Una sfida enorme che difficilmente la sinistra italiana, ridotta ad un cumulo di macerie dopo lo scandalo Craxi, riuscirà a vincere. Bisogna battere una ideologia totalizzante che ha cambiato totalmente la nostra nazione. Una forma mentis molto forte che difficilmente si riuscirà a scalfire. In un precedente articolo si è parlato del Berlusconismo e ho messo in evidenza le sue carte vincenti che oggettivamente hanno più successo delle nostre.
L'opposizione fa leva ultimamente sugli scandali a luci rosse del premier. Feste ad Arcore, Ruby, droga e molto altro ancora. La maggioranza giustamente afferma che non è reato andare a donne (scusate la franchezza): però è pur vero che andare con minorenni è reato come lo è andando con prostitute. Una battaglia a colpi di gossip che oltre ad essere sterile, non fa buona pubblicità. Ciò infatti dimostra i toni infantili dei partiti di opposizione che non sanno come battere un uomo che sembra un gigante. Berlusconi è un incubo per loro. Sono troppo avidi di potere per poter fermarsi un attimo e ragionare. Bersani che non è in grado di tenere unito un partito; Di Pietro che infervora gli animi dei compagni; tutti gli altri che parlano, ma fanno poco. Questo è uno scenario devastante che non attira consensi. Bisogna ritrovare la strada maestra perduta, cioè lavorare per il sociale e lo sviluppo del paese. Sembriamo noi i reazionari e non loro (secondo la visione classica della politica). E' indispensabile fare una serie di riforme all'interno del partito, poiche ci sono troppe correnti di pensiero che non vengono fatte conciliare, ma anzi vengono tenute insieme con la "forza". Ciò che bisogna fare è semplice: prima di tutto è indispensabile cambiare la classe politica e poi stilare un programma politico convincente che sia capace di contrastare quello di Silvio. Basta con questa stupida politica, un arte che fin dai greci aveva grande considerazione. Adesso non si tratta più di arte, ma di spazzatura che non fa che gettare fango sulla sinistra italiana nonchè su quella europea e addirittura mondiale che sta subendo un forte rallentamento. Non si può più andare avanti così: tocca iniziare una nuova politica.

Fascismo: il culto della violenza!


Il Fascismo al pari del comunismo e del nazismo è stata un ideologia che ha posto la violenza come mezzo di diffusione e di rafforzamento. E' noto che il comunismo attraverso una rivoluzione portava i proletari a capovolgere la dialettica sociale ponendosi al di sopra dei borghesi e istaurando una dittatura del proletariato. Il Nazismo lo stesso: attraverso azioni militari intendeva costruire il Terzo Reich (il primo quello di Carlo Magno e il secondo quello di Bismarck) ed eliminare le "razze" non ariane. Il Fascismo al pari dei suoi "compagni politici" usava la violenza come forma di controllo sociale e come mezzo di affermazione. Non parlerò dei suoi programmi politici ed economici, ma del culto della violenza. Gentile stesso, il massimo ideologo fascista, affermava nel Manifesto degli intellettuali fascisti del 1925 che il manganello è meglio di un sermone: la violenza è un ottimo strumento di controllo politico e sociale. Se non sei dei nostri, vieni picchiato: ecco cosa significa questa frase. Ed è proprio tramite le squadriglie nere che il governo centrale, cioè il Duce, manteneva il suo controllo. Un sistema di controllo sociale molto forte che poteva contare una grande capacità di mezzi umani. A dare questa impronta guerrafondaia a questa ideologia contribuirono una serie di forze culturali e politiche che già sconquassavano il nostro paese. Pensiamo ad esempio agli arditi, un corpo militare che si discinse in una serie si imprese miltari come la presa di Fiume, guidati dal poeta Gabriele D'Annunzio. Oppure citiamo il pensiero di Sorel a cui Mussolini si rifece moltissimo. I Futuristi però furono coloro che fornirono maggior materiale di propaganda ecc. al nascente partito fascista. I loro rapporti però si formarono molto più tardi dalla nascita di questa avanguardia. Nel 1909 si attesta la nascita del futurismo con il Manifesto pubblicato in Francia in cui i futuristi affermano, oltre alle istanze letterarie, che la guerra è la sola igiene del mondo ed esaltano la violenza e la dinamicità della guerra. I primi legami si crearono negli anni venti quando Marinetti divenne amico di Mussolini e in seguito venne da questi nominato Accademico d'Italia all'interno del progetto di riforma culturale dell'Italia. La politica futurista integrò quella fascista donando un tono nazionalista e di conseguenza guerrafondaio. Le grandi imprese del Fascismo e le violenze furono più volte esaltate nelle loro opere. Gli stessi toni dei discorsi che Mussolini faceva affacciato al balcone di piazza Venezia, rispecchiavano gli stili aggressivi dei futuristi: parole di violenza, esaltazione della guerra e del superuomo (esaltazione della razza italiana). Tali parole avevano lo stesso effetto delle opere futuriste: infiammavano gli animi, rendendoli malleabili alla propaganda fascista. La stessa propaganda esaltava il culto della violenza e indovinate un po dova attingeva materiale: dai futuristi. In definitiva si può ben dire che il Fascismo, a differenza di quanto affermano i molti, non è una ideologia non violenta, ma al contrario faceva della violenza la sua arma vincente. Ecco perchè in un periodo di grande diffusione del pensiero liberista e liberale, le ideologie violente non avranno mai un futuro!

Non svegliare il cane che dorme!


E' proprio vero il detto: non svegliare il can che dorme! Infatti un grande mastino è stato risvegliato dopo quel fatidico 20 marzo scorso. Il pastore Jones, noto a tutti per le sue provocazioni al mondo islamico dopo l'11 settembre, ha finalmente fatto ciò che da tempo desiderava fare: organizzare un processo pubblico contro l'Islam. In breve il giudice - pastore ha imbandito un processo farsa per poi bruciare pubblicamente una copia del Corana, il testo fondamentale degli islamici. Questo ampio gesto di sfida ha fatto scatenare l'ira dei fondamentalisti che in massa hanno attaccato la sede dell'Onu afghana, causando la morte di 30 persone. Un atto troppo avventato e inutile che ha fatto crollare il lungo lavoro di pacificazione di quelle zone. Jones è stato ampiamente condannato dalle opinioni pubbliche di mezzo mondo e dai relativi capi di stato. Lo stesso presidente Obama ha richiamato il pastore al suo vero lavoro, anche se non sembra aver fermato la sua pazzia: infatti ha già annunciato di voler processare anche Maometto. Il pastore non si rende conto delle morti che ha causato con la sua follia e anzi sembra essere contento del "bel servizio" che ha compiuto. Alla fine potremmo dire di non essere tanto diverso dai suoi "nemici" visto che anche lui si è dimostrato fondamentalista e incosciente delle sue azioni. Per scongiurare ulteriori incidenti diplomatici il presidente afghano, Karzai, ha assicurato di prendere tutte le misure possibili per evitare morti e distruzioni causata dalla profonda ira che i musulmani covano ancora nel loro profondo nei confronti degli occidentali pur non dimenticandosi di ammonire gli Usa per aver lasciato "incustodito" un pazzo come Jones.

Poesia del giorno: La pioggia nel pineto di Gabriele D'Annunzio


Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove sui pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t'illuse, che oggi m'illude,
o Ermione.

Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitio che dura
e varia nell'aria secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
né il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancora, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immensi
noi siam nello spirito
silvestre,
d'arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.

Ascolta, Ascolta. L'accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall'umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s'allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s'ode su tutta la fronda
crosciare
l'argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell'aria
è muta: ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell'ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.

Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le palpebre gli occhi
son come polle tra l'erbe,
i denti negli alveoli
son come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
( e il verde vigor rude
ci allaccia i melleoli
c'intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani

ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
o Ermione.

Aforisma del giorno: Giulio Andreotti


Il potere logora chi non ce l'ha.


Giulio Andreotti

Autore del giorno: Daniel Defoe


Daniel Defoe (Londra, 3 aprile 1660 – 21 aprile 1731) è stato uno scrittore britannico. Viene frequentemente indicato come il padre del romanzo inglese. Defoe nacque in un sobborgo londinese, nei pressi di Cripplegate. Suo padre, James Foe, era un membro della società dei macellai ma (curiosamente) mercante di candele; Daniel modificò il proprio cognome da "Foe" al più aristocratico "Defoe" intorno al 1703, arrivando in alcune occasioni a dichiarare di essere un discendente della famiglia De Beau Faux. La famiglia di Defoe era di credo presbiteriano dissenziente; egli fu mandato a scuola all'accademia dissenziente di Stoke Newington, diretta da Charles Morton (in seguito vicepresidente di Harvard); qui non seguì studi classici, ma si dedicò a discipline come l' economia, la geografia e le lingue straniere. Daniel, contro la volontà del padre, scelse di non diventare pastore presbiteriano e di dedicarsi agli affari. In questo ramo ebbe un grande successo, e poté sposare Mary Tuffley, figlia di un ricco mercante, ottenendo tra l'altro una dote di 3.700 sterline. Da Mary ebbe sette figli. Convinto sostenitore della causa liberale, nel 1685 Defoe si schierò con il Duca di Monmouth (figlio illegittimo, protestante, di Carlo II), che osteggiava il legittimo erede al trono e fratello di Carlo, il cattolico Giacomo II. Nel 1688 prese posizione dalla parte di Guglielmo d'Orange quando questi si scontrò con il suocero Giacomo (che intendeva instaurare una monarchia assoluta e mettere in atto una politica di pulizia religiosa analoga a quella di Luigi XIV in Francia). Nel 1692, Defoe finì in bancarotta, pagando il suo disastro economico anche con la prigione. Riuscì a risollevare le proprie condizioni finanziarie dando inizio a una serie di attività disparate: una fabbrica di mattoni, un servizio di consulenza per il governo, e qualche pubblicazione come saggista. I saggi di Defoe, di natura politica ed economica, contenevano raccomandazioni destinate a rivelarsi all'avanguardia rispetto ai suoi tempi: suggerivano, tra l'altro, la creazione di una banca nazionale (divenuta realtà nel 1694), di un sistema pensionistico, di società di assicurazioni. Defoe propose anche nuove leggi sulla bancarotta. Dopo la morte di Guglielmo III (1702), Defoe fu arrestato con l'accusa di avere diffamato la Chiesa d'Inghilterra nel suo saggio La via più breve per i dissenzienti (The shortest way with the dissenters). Il libro venne messo al rogo, e Defoe subì prima la gogna e poi nuovamente la prigione, nel carcere di Newgate. Fu durante la sua prigionia a Newgate che Defoe iniziò a scrivere il romanzo Moll Flanders, considerato la sua prima grande opera letteraria. Nel frattempo aveva perso la fabbrica di mattoni, e per risollevarsi da un nuovo periodo di crisi economica fondò la rivista trisettimanale The Review, destinata a durare dieci anni e diventare una pietra miliare nella storia del giornalismo. Quasi tutti gli articoli erano dello stesso Defoe, che, pur dichiarandosi indipendente, in realtà aveva un accordo con il primo ministro Robert Harley, che gli aveva promesso l'amnistia. In ogni caso, l'opera giornalistica di Defoe fu pionieristica; si ritiene che egli abbia in pratica fondato il giornalismo tabloid. Fra il 1705 e il 1707 si trasferì in Scozia. Presentandosi come giornalista, in realtà lavorò attivamente con lo scopo di convincere il Parlamento scozzese ad accettare l'Atto di Unione con il Parlamento inglese, stipulato nel 1707. Nel 1714, sempre lavorando sotto mentite spoglie per il governo, riuscì a entrare nella redazione di un settimanale giacobita. Scoperto sei anni dopo, si vide costretto a porre fine alla sua attività di giornalista. Nel frattempo aveva continuato a scrivere romanzi; nel 1715 pubblicò The Family Instructor, e nel 1718 quello che sarebbe diventato il suo più celebre romanzo, Robinson Crusoe. A Robison seguirono numerose opere minori, incluse diverse false autobiografie (di famosi criminali o di altri personaggi pubblici, come nel caso della cortigiana "pentita", Lady Roxana) e un quantità di romanzi (tra gli altri, Memorie di un cavaliere, Il capitano Singleton, Il colonnello Jack e La peste di Londra. Defoe morì a Ropemaker's Alley, Moorfields, nei pressi di Londra nel 1731.

sabato 2 aprile 2011

Il grottesco arriva anche in Parlamento!


Gli ultimi giorni di marzo sono stati i più grotteschi che io abbia mai visto in vita mia. La questione immigrazione, il tira e molla tra regioni e governo, la guerra e tutto i problemi ad essa connessa. Si sta assistendo ad uno spettacolo grottesco (nel vero senso gaddiano) che ha portato il nostro Paese ad ingigantire ancor di più la sfiducia che le altre nazioni hanno nei nostri confronti. Un governo paralizzato è il nostro che, per una serie di motivazioni (che tutti sapranno), non riesce a fare il suo lavoro; un partito di governo che è paralizzato da continue tensioni al suo interno che minacciano lo scioglimento; una opposizione che parla di "battaglia" come se fossimo ancora ai tempi del fascismo; un popolo che osserva piangendo per lo sconforto e ridendo per l'assurdità di tutto ciò. Per di più gli ultimissimi giorni di marzo sono stati segnati da uno scenario che spezza le braccia al più volenteroso dei politici. Saprete tutti di cosa sto parlando: la rissa che c'è stata in Parlamento e all'esterno. Uno spettacolo che fa ridere molti nostri vicini. La trama, che incarna tutti i canoni del teatro dell'assurdo, è semplice: un ministro che insulta i suoi oppositori e fa tramontare (forse) un progetto a cui il suo "capo" teneva molto, facendolo infuriare; una rissa tra rivali di partito; le solite diatribe tra opposizioni; un Presidente della Camera dei Deputati che viene "linciato" dai suoi ex alleati; una parlamentare che aizza, come la cattiva di ogni racconto, il ministro contro la folla di manifestanti, i quali a loro volta si destreggiano in un lancio di monetine. Troviamo tutti i presupposti di questo spettacolo grottesco. Uno scenario veramente disarmante peggio delle migliori opere di Beckett o di Kafka. A pagare i conti di questo disastro siamo noi cittadini che disarmati attendiamo, come in Aspettando Godot di Beckett, il nostro Godot che ci porterà un po di serenità e di stabilità. Intanto non ci resta che piangere e ogni tanto ridere per alleviare la disperazione.


Poesia del giorno: Non chiederci la parola di E. Montale


Non Chiederci La Parola

Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato.

Ah l'uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l'ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

Autore del giorno: H. C. Andersen


Hans Christian Andersen nasce a Odense, città sull'isola di Fionia (Fyn, Danimarca), il giorno 2 aprile 1805. Trascorre un'infanzia piuttosto travagliata nei quartieri più poveri della sua città natale, insieme al padre Hans, di professione calzolaio, e alla madre Anne Marie Andersdatter, 15 anni più anziana del marito.
Inizia la sua attività di scrittore all'età di 30 anni: si reca in Italia per pubblicare la sua prima opera, "L'improvvisatore", che darà il via a una lunga carriera e a una ricchissima produzione letteraria tra romanzi, poesie, opere teatrali, biografie, autobiografie, scritti di viaggio, articoli, scritti umoristici e satirici.
Tuttavia il nome di Hans Christian Andersen viene consegnato alla storia della letteratura mondiale soprattutto grazie alla sua produzione di fiabe, di fatto immortali: tra i titoli più noti vi sono "La principessa sul pisello" (1835), "La sirenetta" (1837), "I vestiti nuovi dell'Imperatore" (1837-1838), "Il brutto anatroccolo", "La piccola fiammiferaia", "Il soldatino di stagno" (1845), "La regina delle nevi" (1844-1846). Sono innumerevoli le fiabe, gli scritti e le raccolte prodotti da Andersen in questo campo.
I suoi libri probabilmente sono stati tradotti in ogni lingua conosciuta: nel 2005, nel bicentenario dalla sua nascita, si contavano traduzioni in 153 lingue.
Instancabile viaggiatore, ha esplorato ogni angolo del mondo che riusciva a raggiungere, viaggiando tra Asia, Europa e Africa; questa passione per la scoperta è stata proprio l'elemento che ha fatto produrre ad Andersen moltissimi appassionanti diari di viaggio.
Hans Christian Andersen è morto il giorno 4 agosto 1875 a Copenaghen.

Aforisma del giorno: Woodrow Wilson


L'amicizia è l'unico cemento capace di tenere assieme il mondo.




Woodrow Wilson

giovedì 31 marzo 2011

Poesia del giorno: Uomo del mio tempo di Salvatore Quasimodo



      UOMO DEL MIO TEMPO.
    Sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo. Eri nella carlinga, con le ali maligne, le meridiane di morte, t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche, alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu, con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio, senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora, come sempre, come uccisero i padri, come uccisero gli animali che ti videro per la prima volta. E questo sangue odora come nel giorno Quando il fratello disse all’altro fratello: «Andiamo ai campi». E quell’eco fredda, tenace, è giunta fino a te, dentro la tua giornata. Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue Salite dalla terra, dimenticate i padri: le loro tombe affondano nella cenere, gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore

Autore del giorno: Milan Kundera


Milan Kundera è nato a Brno, nell'attuale repubblica Ceca il giorno 1 aprile 1929. Suo padre Ludvik era un pianista e lo stesso Kundera da giovane è stato per un breve periodo un musicista jazz. D'altronde, la cultura musicale è sempre stata presente nella sua riflessione e nella sua formazione, avendo studiato sia filosofia che musica a Praga. Si è però laureato nel 1958 presso la facoltà di arti cinematografiche "AMU" dove ha insegnato successivamente letteratura mondiale.
Iscritto, da studente, due volte al partito comunista, nel '48 fu espulso a causa delle sue idee che non seguivano le linee ufficiali del partito. Inoltre, la sua partecipazione al movimento di riforma della "Primavera di Praga" gli costò la cittadinanza cecoslovacca e il licenziamento. Espulso dal suo Paese, si è trasferito in Francia, dove ha insegnato all'Università di Rennes e a Parigi, dove tuttora vive e lavora. Ha comunque continuato a scrivere in ceco (a parte gli ultimissimi romanzi), nonostante che le sue opere fossero proibite in patria, fino al crollo del regime filo-sovietico.
Negli anni della sua formazione, comunque, prima di dedicarsi alla letteratura e al cinema, lavorò anche da manovale. Già negli anni Cinquanta aveva scritto alcune raccolte di poesie, ma ottenne vasto successo con la serie di racconti "Amori ridicoli" (1963, 1964), straordinari per l'ironia corrosiva (anche nei confronti del regime), e la capacità di sviluppare le storie in circoncentrici paradossi.
Nel '62 debutta invece come drammaturgo con "I proprietari delle chiavi", ambientato nel periodo dell'occupazione nazi-fascista. Del 1967 è il suo primo romanzo, il potente "Lo scherzo", satira dolorosa della realtà cecoslovacca negli anni del culto della personalità stalinista. La pubblicazione del romanzo fu uno degli eventi letterari della cosiddetta Primavere di Praga del '68 e il libro vinse anche il premio dell'Unione Scrittori Cechi.
Dopo esordi così promettenti, Kundera ha pubblicato altri bellissimi romanzi, rinvigorendo con la sua prosa la più alta tradizione del romanzo europeo, in specie con l'invenzione tutta kunderiana del saggio-romanzo, consistente appunto in una mescolanza, in una sorta di ibrido della forma saggio con la forma romanzo (di cui si ha un esempio vertiginoso nel "L'immortalità").
Sul piano letterario, questa ibridazione porta l'autore ceco a costellare i suoi romanzi di riflessioni e ricognizioni filosofiche davvero sorprendenti e profonde. Fra gli altri suoi libri, si ricordano: "La vita è altrove", (Premio Medicis come miglior libro straniero pubblicato in Francia), "Il valzer degli addii", "Il libro del riso e dell'oblìo" e soprattutto il romanzo a cui il suo nome è più legato "L'insostenibile leggerezza dell'essere", in cui si fondono mirabilmente storia, autobiografia e intrecci sentimentali. Questo libro, forse anche grazie al suo titolo particolarmente azzeccato ed evocativo, gli ha conferito un'ampia popolarità, testimoniata anche da una, poco riuscita, riduzione cinematografica.
Nel 1981 Milan Kundera ha vinto il Commonwealth Award per la carriera insieme con Tennesee Williams. Ha anche ricevuto il premio Mondello per il testo teatrale "Jaques e il suo padrone" e il Jerusalem Prix.
Come critico e saggista, ha contribuito a diffondere la cultura e gli autori più interessanti del suo paese nell'occidente europeo.

Aforisma del giorno: Samuel Butler


A parte l'uomo, tutti gli animali sanno che lo scopo principale della vita è godersela.




Samuel Butler

Arancia Meccanica: il film che profetizzò la violenza sociale


I Drughi sono un gruppo di ragazzi che sono dediti al consumo di Lattepiù, una bevanta arricchita da droghe, che li da l'impulso a commettere violenza. Costoro sono i protagonisti di Arancia Meccanica di Stanley Kubrick, un film che ha segnato la storia del cinema e la coscienza dell'opinione pubblica. Quando uscì sollevò un grande clamore per i temi e le immagini molto forti e violente. Nessuno aveva capito che Kubrick stava mettendo in scena il dramma sociale in corso nella società. Ragazzi che sono dediti agli stupefancenti e alla violenza aizzati contro una società che a sua volta li porta a violare la legge per la sua asprità. Un romanzo di Burgess prima poi trasposiuzione cinematografica poi che profetizzò l'avvento di una società malata, dove il nichilismo sembrava avere la meglio. Un film da vedere assolutamente e da aggiungere nella lista dei prossimi dvd da acquistare!

Il Berlusconismo: una macchia che nessuno riuscirà a smacchiare dalle vesti della storia


Ormai Silvio Berlusconi è divenuto il simbolo stesso della nosta nazione. Senza di lui probabilmente non saremmo più noi stessi. Cosa ci sarà dopo Berlusconi? Boh, Silvio ormai è penetrato in ogni aspetto della vita dell'italiano medio. Lo si vede in televisione, sui giornali, su internert, si è "impossessato" di ogni canale di comunicazione. Ma sappiamo veramente chi è Silvio Berlusconi? Conosciamo la sua politica, nota come berlusconismo, conosciamo la sua filosofia di vita?
I più anziani di noi lo ricorderanno come l'uomo che emerse dal fango della prima repubblica, portando con il suo sorriso e con il suo carisma serenità e "amore" dopo i fatti di Tangendopoli. I suoi slogan, le sue battute e le sue mosse lo hanno fatto diventare quello che è: da semplice imprenditore a politico di fama internazionale.
Vogliamo parlare della sua vita? Bene, Silvio nacque nel milanese, a Saronno, nel 1936 da una agiata famiglia borghese. Fece i suoi studi classici al liceo Sant'Ambrosio a Milano e poi si iscrisse, come i migliori cadetti delle famiglie ricche, all'università a Milano, frequentando la facoltà di giurisprudenza. La sua attività di imprenditore fu molto prolifera. Finanziò una serie di attività edilizie come Milano 2 che gli procurarono una serie di inchieste per riciclaggio di denaro sporco (legami con Riina e con la mafia) nonchè la fondazione di Mediaset e l'acquisto della casa editrice Mondadori. Al di là della sua attività imprenditoriare, della sua vita privata e dei suoi guai giudiziari, a noi interessa conoscere la sua politica.

La figura di Silvio ormai campeggia dovunque e sembra di trovarci sempre di fronte al volto del famigerato Grande Fratello di Orwell. Silvio è penetrato in ogni dove fino nel midollo dell'italiano il quale, anche se sinistro, si identifica sempre con lui. La sua figura non conosce paragoni: mai nessuno nella storia della nostra nazione ha conosciuto un livello di prestigio come il suo. Che cos'è il berlusconismo? Il berlusconismo è Lui (Silvio). E' una corrente "filosofica" e politica che ruota intorno a lui. Senza Silvio il berlusconismo non sarebbe più tale. E' uno Spirito Etico come lo chiamerebbe Gentile, perchè in qualche modo ha riformato la vita italiana in ogni suo aspetto. Inutile dire che chi definisce la sua politca come una parentesi in realtà sbaglia! Procediamo quindi ad analizzare nello specifico Silvio e il berlusconismo.

Perchè Silvio ha così tanto successo? Come diceva Huxley nel suo saggio Ritorno al nuovo mondo, un leader per avere successo deve saper sfruttare la psicologia. Infatti dittatori (non paragonabili a Berlusconi) come Hitler e Mussolini usavano strumenti psicologici per attirare consensi ed entusiasmi. Lui fa la stessa cosa: utilizza il carisma per attirare consenso. In primo luogo usa un linguaggio molto "amichevole" per diminuire le distanze con il pubblico, ma nonostante ciò è cortese e colto.
In secondo luogo ha capito la funzione psicologica degli slogan. Propone infatti nei suoi discorsi frasi pragmatiche di grande impatto che, modulate con il tono giusto di voce, hanno grande presa. Ne cito qualcuno:

- L'alternativa alla vecchia politica
- un presidente operaio
- il partito dell'amore
ecc. ecc.

Insomma Berlusconi è uno stratega del linguaggio come molti noti linguisti l'hanno più volte ricordato.alcuni suoi motti sono addirittura diventati degli stereotipi come il "mi consenta" che ha ancora grande presa. E' un presidente che si è sempre definito dalla parte del popolo e lo ha sempre detto e per questo preferisce un dialogo diretto con il pubblico che un semplice comizio.

Passiamo adesso a definire la sua politica e la sua "filosofia". Silvio si è sempre detto liberale e liberista e un "imprenditore al servizio dello Stato". Infatti il suo piano politico si fonda sul concetto si Stato Azienda: il Paese viene amministrato come una società commerciale. Ecco perchè si è sempre dimostrato insofferente per i limiti che la Costituzione impone al premier, limitando di fatto la sua attività di "manager dello Stato". Per ciò gran parte delle sue riforme hanno sempre mirato ad ampliare i suoi potere incontrando l'ostilità dell'opposizione che nega ogni ulteriore ampliamento di potere. I piani economici e politici sono sempre all'avanguardia e di fatto la sua modernità viene ostentata notevolmente dal suo partito, il PDL. Non dimentichiamoci che esso gode anche dell'ammirazione dei cattolici, i quali hanno più volte riconosciuto in Silvio il difensore dei valori cristiani. Simpatie comprate grazie ai fondi che il governo ha versato nelle casse vaticane. Grande ammirazione per la sua politica viene da molti leader esteri: dal presidente Obama fino ad arrivare ai capi di stato asiatici. Da grande azienda statale che l'Italia deve essere non può mancare un riconoscimento internazionale. Quindi a mio viso il berlusconismo fa leva sul concetto di modernità, sui valori della tradizione e sull'internazionalità (non intesa nel senso comunista).


Questo breve articolo sintetizza (spero) una grande fetta della storia politica del nostro Paese. Comunque continuerò a parlare in questo blog di Silvio approfondendo altri aspetti o aggiungendo qualcosa di nuovo a questa nota.

La vita alienata nei consumi e nella tv: SuperWoobinda


Sommersi dalle merci, dal consumismo sfrenato, dalla pubblicità, dai prodotti  l'uomo del nuovo millennio ha smarrito la sua bussola. Vive in un mondo fatto di alta tecnologia che lo fa vivere in una vera e propia dimensione ipertecnologica dove la fantasia si mischia con la realtà portando i più deboli a diventare personalità alienate. I personaggi che popolano le storie della raccolta SuperWoobinda di Aldo Nove sono uomini e donne, ma anche ragazzi e adolescenti pervasi da una profonda pazzia. Sono soggetti altamente pericolosi che non riescono a separare il vero dal falso, la pubblicità, i film e la tv dalla vita reale. Celebre è l'incipit del primo raggonto: "ho ammazzato i miei genitori perchpè utilizzavano un bagnoschiuma assurdo, Pure & Vegetal". Ogni racconto è lo scorcio di una delle personalità alienate attratte dal consumismo e dalla spazzatura dell'Industria Culturale che popolano gli anni 80 e 90, am anche i nostri giorni. Quindi poche parole e più fatti: leggete questo stupendo libro di uno dei più celebri autori italiani, Aldo Nove.

Il boomerang che fa tanto paura agli Usa


Il titolo di questo articolo può sembrare sciocco a prima vista. Perchè un boomerang dovrebbe spaventare un colosso mondiale come gli Usa? Che sia un boomerang dai superpoteri in grado di distruggere l'esercito americano? No! Il boomerang di cui sto per parlare è un arma politica: una serie di decisioni che si sono rivolte contro e che hanno minato la stabilità dell'Impero. Se aprite i quotidiani potrete leggere che la Nato e soprattutto gli Usa sono indecisi se dare armi e rinfozzi umani ai ribelli libici. Perchè questa indecisione? Cosa blocca una decisione di così vitale importanza? A spaventare così tanto gli alleati sono una serie di boomerang politici che come ho accennato prima si sono rivolti contro le potenze (gli Usa in primis) che le hanno fatte. Gli americani hanno nel corso della loro storia combattuto guerre, am molte volte in terza perosna, cioè hanno mobilitato altri a loro posto e li hanno riforniti con mezzi e uomini. Tutto ciò è stato compiuto senza però sospettare minimamente che i loro "compagni di guerra" avrebbero potuto ribellarsi e attaccarli in futuro. Riporterò di seguito gli episodi più importanti.

1) Gli Usa nel 1979 intervennero a fianco dei mujahiddin afghani che combattevano per resistere all'invasione dell'Urss. Gli americani non si impegnarono in prima persona nelle operazioni militari, ma rifornirono i ribelli di armi e inviarono agenti dei servizi segreti per addestrare la guerriglia. I risultati: l'Urss venne sconfitta, ma le armi che gli Stati Uniti avevano dato agli afghani caddero nelle mani dei fondamentalisti, gli stessi mujahiddin, i quali molti anni dopo nel 2011 dichiararono guerra santa contro gli infedeli (Usa in primis).

2) Durante la seconda guerra mondiale gli alleati rifornirono di armi le resistenze europee contro i tedeschi. In Italia i rifornimenti vennero fatti con parsimonia, non per risparmiare, ma per evitare che le armi cadessero nelle mani dei partigiani rossi. In questo caso furono più attenti.

3) Dopo la rivoluzione cubana, i servizi segreti americani fornirono di armamenti gli anti castristi, i quali persero miseramente nella famosa battaglia della Baia dei Porci. Uno dei tanti flop americani.

4) Addirittura uno di questi boomerang per poco non  fece vacillare la poltrona presidenziale e il malcapitato era Reagan. Infatti aveva rifornito le Contras del Nicaragua (unità controrivoluzionarie che combattevano il governo nazional - comunista di Sandino) di armi e uomini violando un emendamento del 1984 con la quale l'Onu vietava di vendere armi ai ribelli. Per poco Reagan non perse la poltrona, anche se gli Usa vennero condannati per questa violazione.

5) Secondo voi con quali soldi hanno potuto comprare le armi per il Nicaragua? Facile, con i denari derivati dalla vendita di tecnologie e armamenti in Iran e Iraq, paesi che poi scesero in campo contro l'Impero.

6) Infine ricordiamo l'episodio che tutti gli americani vorrebbero dimenticare: la guerra nel Vietnam. I servizi segreti rifornirono di armi i ribelli del Sud contro il regime comunista del Nord. L'obbiettivo era quello di utilizzare gli stessi vietnamiti per battere i loro fratelli. Quali furono i risultati? Un immenso massacro di cui non benificiò a nessuno.

Ecco questa è una parte dei misfatti degli Usa che prima vendono armi ai loro potenziali nemici e poi piangono! Per questi motivi gli alleati sono ancora indecisi se dare armi ai ribelli e intanto la loro indecisione (che ha bloccato gli attacchi aerei) sta mietendo vittime in Libia.

Poesia del giorno: O capitano! Mio capitano di Whalt Whitman



O capitano! Mio capitano! il nostro viaggio tremendo è finito,
La nave ha superato ogni tempesta, l'ambito premio è vinto,
Il porto è vicino, odo le campane, il popolo è esultante,
Gli occhi seguono la solida chiglia, l'audace e altero vascello;
Ma o cuore! cuore! cuore!
O rosse gocce sanguinanti sul ponte
Dove è disteso il mio Capitano
Caduto morto, freddato.

O capitano! Mio capitano! àlzati e ascolta le campane; àlzati,
Svetta per te la bandiera, trilla per te la tromba, per te
I mazzi di fiori, le ghirlande coi nastri, le rive nere di folla,
Chiamano te, le masse ondeggianti, i volti fissi impazienti,
Qua capitano! padre amato!
Questo braccio sotto il tuo capo!
È un puro sogno che sul ponte
Cadesti morto, freddato.

Ma non risponde il mio capitano, immobili e bianche le sue labbra,
Mio padre non sente il mio braccio, non ha più polso e volere;
La nave è ancorata sana e salva, il viaggio è finito,
Torna dal viaggio tremendo col premio vinto la nave;
Rive esultate, e voi squillate, campane!
Io con passo angosciato cammino sul ponte
Dove è disteso il mio capitano
Caduto morto, freddato.

Aforisma del giorno: George Washington


Preparare la guerra è l'unico modo per mantenere la pace. 


George Washington

Autore del giorno: Cesare Pavese


Cesare Pavese nasce il 9 settembre 1908 a Santo Stefano Belbo, paesino delle Langhe in provincia di Cuneo, dove il padre, cancelliere del tribunale di Torino, aveva un podere. Ben presto la famiglia si trasferisce a Torino, anche se il giovane scrittore rimpiangerà sempre con malinconia i luoghi e i paesaggi del suo paese, visti come simbolo di serenità e spensieratezza e come luoghi dove trascorrere sempre le vacanze.
Una volta nella città piemontese di lì a poco il padre muore; questo episodio inciderà molto sull'indole del ragazzo, già di per sé scontroso e introverso. Già nell'età dell'adolescenza Pavese manifestava attitudini assai diverse da quelle dei suoi coetanei. Timido ed introverso, amante dei libri e della natura, vedeva il contatto umano come il fumo negli occhi, preferendo lunghe passeggiate nei boschi in cui osservava farfalle e uccelli.
Rimasto dunque solo con la madre, anche quest'ultima aveva subìto un duro contraccolpo alla perdita del marito. Rifugiatasi nel suo dolore e irrigiditasi nei confronti del figlio, questa comincia a manifestare freddezza e riserbo, attuando un sistema educativo più consono ad un padre "vecchio stampo" che a una madre prodiga di affetto.
Un altro aspetto inquietante che si ricava dalla personalità del giovane Pavese è la sua già ben delineata "vocazione" al suicidio (quella che lui stesso chiamerà il "vizio assurdo"), che si riscontra in quasi tutte le lettere del periodo liceale, soprattutto quelle dirette all'amico Mario Sturani.
Il profilo e le ragioni del temperamento pavesiano, segnato da profondi tormenti e da una drammatica oscillazione fra il desiderio di solitudine e il bisogno degli altri, è stato letto in più modi: per alcuni sarebbe il fisiologico risultato di un'introversione tipica dell'adolescenza, per altri la risultante dei traumi infantili sopra richiamati. Per altri ancora vi si cela il dramma dell'impotenza sessuale, forse indimostrabile ma che trapela in controluce in alcune pagine del suo celebre diario "Il Mestiere di vivere".
Compie gli studi a Torino dove ha come professore al liceo Augusto Monti, figura di grande prestigio della Torino antifascista e al quale molti intellettuali torinesi di quegli anni devono molto. Durante questi anni Cesare Pavese prende anche parte ad alcune iniziative politiche a cui aderisce con riluttanza e resistenza, assorbito com'è da problematiche squisitamente letterarie.
Successivamente si iscrive all'Università nella Facoltà di Lettere. Mettendo a frutto i suoi studi di letteratura inglese, dopo la laurea (presenta la tesi "Sulla interpretazione della poesia di Walt Whitman"), si dedica a un'intensa attività di traduzioni di scrittori americani (come ad esempio Sinclair Lewis, Herman Melville, Sherwood Anderson).
Nel 1931 Pavese perde la madre, in un periodo già pieno di difficoltà. Lo scrittore non è iscritto al partito fascista e la sua condizione lavorativa è molto precaria, riuscendo solo saltuariamente a insegnare in istituti scolastici pubblici e privati. Dopo l'arresto di Leone Ginzburg, un celebre intellettuale antifascista, anche Pavese viene condannato al confino per aver tentato di proteggere una donna iscritta al partito comunista; passa un anno a Brancaleone Calabro, dove inizia a scrivere il già citato diario "Il mestiere di vivere" (edito postumo nel 1952). Intanto diviene, nel 1934, direttore della rivista "Cultura".
Tornato a Torino pubblica la sua prima raccolta di versi, "Lavorare stanca" (1936), quasi ignorata dalla critica; continua però a tradurre scrittori inglesi e americani (John Dos Passos, Gertrude Stein, Daniel Defoe) e collabora attivamente con la casa editrice Einaudi.
Il periodo compreso tra il 1936 e il 1949 la sua produzione letteraria è ricchissima.
Durante la guerra si nasconde a casa della sorella Maria, a Monferrato, il cui ricordo è descritto ne "La casa in collina". Il primo tentativo di suicidio avviene al suo ritorno in Piemonte, quando scopre che la donna di cui era innamorato nel frattempo si era sposata.
Alla fine della guerra si iscrive al Pci e pubblica sull'Unità "I dialoghi col compagno" (1945); nel 1950 pubblica "La luna e i falò", vincendo nello stesso anno il Premio Strega con "La bella estate".
Il 27 agosto 1950, in una camera d'albergo a Torino, Cesare Pavese, a soli 42 anni, si toglie la vita. Lascia scritto a penna sulla prima pagina di una copia de "I dialoghi con Leucò", prefigurando il clamore che la sua morte avrebbe suscitato: "Perdono a tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi".

mercoledì 30 marzo 2011

Aforisma del giorno: Woody Allen


I politici hanno una loro etica. Tutta loro. Ed è una tacca più sotto di quella di un maniaco sessuale.


Woody Allen 

Autore del giorno: Paul Verlaine


Nato nel 1844 in una famiglia agiata della piccola borghesia provinciale di Metz, cominciò fin da ragazzo a scrivere poesie ed entrò in contatto con i circoli poetici contemporanei. Si rivelarono in quegli anni alcuni tratti della sua complessa personalità, manifestando una sorta di dualismo che lo spinse ora verso delicate effusioni del sentimento, ora verso improvvise brutalità. Nei Poèmes saturniens (Poemi saturnini, 1866), ad esempio, è evidente l’influsso “maledetto” di Baudelaire, mentre nelle Fêtes galantes (Feste galanti, 1869) traspare una delicatezza quasi settecentesca, ispirata ai quadri di Watteau, pervasa da un’inquietudine decadente.
Il matrimonio con Mathilde Mauté de Fleurville, combinato dalla madre nel tentativo di sottrarlo alla “bohème”, gli ispirò i versi di La bonne chanson(1870); tuttavia il matrimonio non durò, minato dagli eccessi del poeta e infine travolto dalla sua tormentata relazione con il giovane poeta Rimbaud. Nella raccolta La bonne chanson nella quale Verlaine cantò, illuso, l’equilibrio e la pace raggiunti con l’amore e il matrimonio.
La tempestosa relazione con Rimbaud si concluse tre anni dopo in Belgio con il colpo di pistola che Verlaine sparò al giovane poeta quando questi decise di rompere il legame. Le conseguenze non furono tragiche, ma Verlaine venne incarcerato a Bruxelles e successivamente a Mons.
Queste circostanze contribuirono a una profonda crisi religiosa espressa dall’autore in Romances sans paroles (Romanze senza parole, 1874).
Scontata la pena insegnò per qualche anno all’estero e diventò agricoltore manifestando pentimento e buoni propositi (Sagesse – Saggezza, 1881). Ricadde tuttavia in disordini di ogni tipo, cedendo anche all’alcoolismo. Ritornato a Parigi divenne figura di primo piano del nascente decadentismo e del pre-simbolismo.
Tornò a Parigi, dove la raccolta Sagesse gli stava procurando fama e un posto di rilievo nel dibattito culturale di fine secolo. Collaborò a varie riviste; nell'importante raccolta di saggi e articoli Nel 1844 pubblicò la raccolta di saggi Les poètes maudits (I poeti maledetti) in cui esaltò i poeti oscuri e irregolari, decisi a confinarsi tra rivolta ed emarginazione: Rimbaud, Mallarmé, Corbière, Villiers de l'Isle-Adam e se stesso (dietro l'anagramma di Pauvre Lelian), e una serie di poesie in cui si alternano la vena religiosa (Liturgies intimes – Liturgie intime, 1892; Elégies - Elegìe, 1893) e quella crudamente erotica (Parallèlement – Parallelamente, 1889; Chair – Carne, 1896); versi squisitamente spirituali (Bonheur – Felicità, 1891) e versi diabolicamente ambigui (Chansons pour elle – Canzoni per lei, 1891).
Trascinò gli ultimi anni della sua vita da un ospedale all'altro, tra miseria e relativo benessere, a seconda della fortuna del momento. Morì povero, in un ospedale di Parigi. Preludendo a certe tendenze del simbolismo, Verlaine lavorò sulla musicalità del linguaggio, cercando di evocare invece che descrivere, di tradurre le sensazioni in puro suono, di dissolvere la realtà in una sensibilità morbosa e suggestivamente sfocata, in un respiro febbrile e vibrante.

Poesia del giorno: Sesso, consolazione della miseria di Pier Paolo Pasolini!




Sesso, consolazione della miseria!
 
Sesso, consolazione della miseria!
La puttana è una regina, il suo trono
è un rudere, la sua terra un pezzo
di merdoso prato, il suo scettro
una borsetta di vernice rossa:
abbaia nella notte, sporca e feroce
come un'antica madre: difende
il suo possesso e la sua vita.
I magnaccia, attorno, a frotte,
gonfi e sbattuti, coi loro baffi
brindisi o slavi, sono
capi, reggenti: combinano
nel buio, i loro affari di cento lire,
ammiccando in silenzio, scambiandosi
parole d'ordine: il mondo, escluso, tace
intorno a loro, che se ne sono esclusi,
silenziose carogne di rapaci.
 
Ma nei rifiuti del mondo, nasce
un nuovo mondo: nascono leggi nuove
dove non c'è più legge; nasce un nuovo
onore dove onore è il disonore...
Nascono potenze e nobiltà,
feroci, nei mucchi di tuguri,
nei luoghi sconfinati dove credi
che la città finisca, e dove invece
ricomincia, nemica, ricomincia
per migliaia di volte, con ponti
e labirinti, cantieri e sterri,
dietro mareggiate di grattacieli,
che coprono interi orizzonti.
 
Nella facilità dell'amore
il miserabile si sente uomo:
fonda la fiducia nella vita, fino
a disprezzare chi ha altra vita.
I figli si gettano all'avventura
sicuri d'essere in un mondo
che di loro, del loro sesso, ha paura.
La loro pietà è nell'essere spietati,
la loro forza nella leggerezza,
la loro speranza nel non avere speranza.
 

Holden, chi era?


Chi era il giovane Holden? Ve lo siete mai chiesti se avete letto l'omonimo libro di J. D. Salinger? Beh, io si e ho provato a dare una risposta a questa domanda approfondendo il periodo storico e sociale in cui venne scritto questo romanzo, idolo degli anni 50. 
Prima di tutto è indispensabile conoscere il periodo storico in cui Salinger compose il Giovane Holden. Siamo negli anni 50, pochi anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale che, nonostante la vittoria americana, aveva sconquassato gli equilibri interni. Infatti come tutti sappiamo, questi anni sono noti come Guerra Fredda, ossia una serie di ostilità giocate sul piano psicologico senza scendere sul campo di battaglia. La gioventù americana stava vivendo anni di grande prosperità e di prestigio. Una nuova epoca si stava affacciando in quel momento e i teenager furono i primi a capire che ormai le istanze del periodo prima della guerra erano ormai decadute. L'"antica" educazione non poteva reggeri i ritmi del progresso, poichè era una morale molto forte che si rifaceva ai primi puritani giunti nel nord America. Per cui gli adolescenti iniziarono a vivere un profondo malessere, delle nevrosi dovute all'incoliabilità di una morale rigida impartita dalla famiglia e le istanze del mondo moderno che invece richiedevano "libertà". Ecco perchè si ebbero tanti piccoli Holden o meglio noti come Hipster, ossia ragazzi che sfidavano la società vivendo in maniera dissoluta: alcool, sesso e droga. Questa è la famosa generazione bruciata rappresentata nel famoso film di James Dean, Gioventù Bruciata. Una gioventù che rifiutava il mondo rigido dei genitori e attraverso bravate cercavano il rischio e l'emozione per rompere l'apatia e la tensione costante in cui si ritrovavano a vivere. Non ci dimentichiamo che era in corso la Guerra Fredda con la minaccia atomica e da poco il senatore MacCarthney aveva dato avvio ad una spietata caccia ai cosiddetti "amici del comunismo". Questo mix di cose e di eventi fece si che le generazioni dopo la guerra furono definite come Bruciate o Hipster o successivamente Beat (questo però riguarda gli anni 60 maggiormente con la contestazione). E' facile quindi fare un paragone tra il giovane Holden che fugge dal collegio e vagabonda per la città e i giovani hipster di quegli anni che analogamente sfogavano la propria rabbia e delusione con atti "amorali". La delusione per il fallimento dei loro ideali e la rabbia per un mondo "adulti" che non permetteva vie di sfogo, portarono più avanti negli anni a quel vasto movimento mondiale che modificò gli assetti culturali e che è noto come movimento della contestazione. Questo però è un argomento che affronterò un'altra volta!

Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.



Questo è l'Articolo 7 della nostra Costituzione, lo Stato stesso, poichè essa definisce che cosa è l'Italia e come funziona. Il Nostro Paese è uno stato Laico, cioè nessuna confessione cristiana o qualunque altra religione devono imporsi sulle altri e proporsi come guida dello Stato. Ciò però non toglie che le varie religioni e confessioni devono essere rispettate e anzi evitare che possano entrare in conflitto di interessi e minare la stabilità del paese. Come disse il premier spagnolo Zapatero in un suo discorso, le leggi di uno Stato vanno fatte secondo il volere popolare, non a piacimento, cioè se sono conformi o no al pensiero di qualche leader religioso. Infatti una legge prima di essere approvata deve essere messa al voto popolare. Leggi "calde" come quelle sull'aborto o matrimoni gay necessitano di un referendum per essere leggittimate. Questo è  il principio fondamentale per uno stato democratico: nessuna lobby economica, politico o religiosa deve minare la democrazia. Tutto ciò è stato realizzato in concreto? No: ancora una volta le lobby religiose hanno bloccato ogni tentativo di laicità dello Stato. Inoltre queste stesse "congreghe" non rispettano neanche il volere di tutti i credenti: molti sono laici o addirittura vogliono che la loro religiosi si estraniasse dalla politica.

Se il popolo sceglie di leggittimare i matrimoni gay perchè una minoranza vuole impedire ciò, nonostante il voto popolare è stato favorevole? Perchè se si vuole fare una legge sull'aborto e il popolo la fa attuare, ci sono persone che ricorrono a mille appigli per bloccarla?

Questo è una delle gravi incoerenze che affligge il nostro Stato così come gli altri. Con la fine del governo di Zapatero l'ultimo Stato veramente laico cesserà di esistere.  


L'epica del XX secolo: Il Signore degli Anelli.


Quando lessi il Signore degli Anelli venni immediatamente catapultato in un mondo parallelo, popolato da strane creature e da eroi che nel nostro mondo sembrano da tempo scomparsi. Cavalieri, regni, tiranni, orchi, principesse, nani, elfi e molto altro ancora ti fa rivivere ere leggendarie e fantastiche dove la parola d'ordine è Pace e Amore contro il Tiranno, Sauron, il quale devasta ogni cosa ed è solo portatore di Male. Cavalieri, nani ed elfi, nonostante le loro differenza, si uniscono in una battaglia epica contro il Male in nome di un mondo nuovo. Battaglie, cavalcate epiche, assedi inimmaginabili, ma anche il susseguirsi delle valli, di mondi altissimi e paesaggi collinari fanno da sfondo a queste gesta. La Compagnia dell'Anello è l'unica speranza di salvezza del mondo attanagliato dalle tenebre: la loro missione è proteggere il giovane Hobbit, Frodo, che deve distruggere l'Anello per poter neutralizzare il potere oscuro di Sauron. Un viaggio epico segnato da amicizia, sincerità e amore, ma anche da conflitti e sofferenze che non faranno altro che crescere la coesione del gruppo e lo spirito di questi impavidi guerrieri. La speranza accompagna tutto il libro infondendoti un profonde senso di ottimismo per un mondo migliore che oggi sembra impossibile che esista. Non bastano poche righe per descrivere un opera così sublime: bisogna solo leggerlo per capirlo a fondo. Buona lettura!
Amore

Ha schiuso le Porte del mio Animo
Le ha buttate giù
Le ha scardinate
Se le è portate via
adesso non ho più protezione
sono investito dal Fiume.
Amore, questo e molto altro
mi hai fatto!

Un viaggio nel cuore nero dell'umano: Apocalypse Now, il film che ha segnato un epoca.


Ve lo ricorderete sicuramente la scena iniziale con la musica dei The Doors (precisamente il brano The End) che fa da sottofondo al volo degli elicotteri in assetto da guerra. E l'elica di uno degli elicotteri che man mano diventa l'elica di un ventilatore che rinfresca il capitano Willard, assorto nei suoi incubi di guerra. Ecco questo che sto descrivendo è una delle scena classiche del cinema mondiale: l'inizio di uno dei film più belli che si ricordi, Apocalypse Now del regista americano Coppola. Il film che tutti penso conosciate si costruisce interamente sulla struttura di un classico della letteratura, Cuore di tenebra di Conrad. Il tema centrale è la follia che prende l'uomo in situazioni drammatiche o meglio che è parte propria di esso. La trama è molto semplice: un gruppo di marines guidati dal capitano Willard deve discendere il fiume Nung per entrare nel cuore tenebroso della giungla della Cambogia e uccise il colonello Kurtz (Marlon Brando), il quale preso dalla pazzia ha radunato un suo esercito per muovere guerra contro tutti. Oltre alle varie scene stupefacenti (ad esempio l'assalto al villaggio vietcong con sottofondo la Cavalcata delle Valchirie di Wagner) l'aspetto che mi prende di più è il Fiume. Rappresenta nella mia visione il viaggio che l'uomo fa dentro la propria coscienza (infatti man mano che il gruppo avanza la natura si fa sempre più aspra) per raggiungere il suo "cuore di tenebra", ossia la sua parte malvagia, che prende forma nella persona del colonello Kurtz. Il compito del capitano Willard è quello di uccidere il traditore e questo gesto "patriottico" in realtà può essere letto come un gesto rituale: ossia l'uomo che impugna un pugnale e "uccide" la propria pazzia, ferendosi lui stesso (Willard uscirà dalla guerra scolvolto e provato). Il punto che ho evidenziato in questo articolo è per me il perno intorno al quale ruota il film, ma anche il romanzo (che consiglio a tutti di leggere), ma Apocalypse Now è un capolavoro che ha in se mille significati che richiederebbero moltissime pagine di critica. Non bastano mille pagine di critica per descriverlo e farlo rivivere: serve anche gustarselo seduti al cinema o in poltrona a casa propria. Quindi che aspettate: affittate il dvd e gustatevi in pieno questo capolavoro del cinema americano!

martedì 29 marzo 2011

Addio alle Armi: il romanzo che minacciò la politica del Duce.


Addio alle Armi, il romanzo dei primi passi di uno dei più grandi autori della letteratura americana: Ernest Hemingway. Uomo dalle grandi capacità giornalistiche e letterarie che gli valsero nel 1954 il Premio Nobel per la Letteratura. Avventuriero, uomo dal grande fascino nonchè amante delle donne, le cui storie d'amore costituiscono la cornice dei suoi romanzi più celebri. Questo era Hemingway: un uomo di mondo e amante della vita fino al punto di suicidarsi nel 1961 a causa della vecchiaia che lo aveva privato di tutto. Parliamo però di una delle sue prime opere: Addio alle Armi. Romanzo apprezzato in tutto il mondo e purtroppo conosciuto troppo tardi nel nostro Paese. Le ragioni di questo ritardo sono molte: politiche soprattutto. La trama del libro è molto semplice: Frederic Henry (l'autore stesso), un giovane soldato americano che partecipa alla Grande Guerra, si ritrova nella disfatta di Caporetto. Ferito viene portato a Milano, dove in un ricovero conosce una giovane infermiera, Chaterine Barkley. Tra i due nasce un vivo amore che porta il protagonista a fare delle scelte molto attuali e forti per poter vivere in pace con la sua giovane amante. La trama è quella di un banale romanzo d'amore, ma non lo è poichè in esso si intrecciano altri temi molto più importanti: tra i più rilevanti troviamo quello ad esempio dell'antimilitarismo o addirittura quello della morte. Ed è proprio l'antimilitarismo che ha portato questo romanzo ad essere pubblicato solo nel 1948 nel nostro Paese. Mussolini vietò di tradurre e vendere questo romanzo che trattava di temi scottanti come già citato su e soprattutto la disfatta di Caporetto che non doveva minare l'animo bellico degli italiani. La nota giornalista Fernanda Pivano nel 1943 tradusse questo romanzo per prima, ma questo gesto "di sfida" gli costò il carcere a Torino. Un romanzo quindi molto pericoloso a tal punto che si prodecette all'arresto pur di evitare una sua pubblicazione. Oggi vorrei proporre al gentile lettore questo romanzo che io lessi adolescente e che sicuramente lo attrarrà per la sua bellezza così come ha conquistato i cuori di milioni di lettori prima di lui.

Oro nero: perchè siamo andati in Libia?


L'oro nero sembra essere diventato il nuovo motivo per cui i "regnanti" di tutte le nazioni decidono di giocare a Risiko. Questa non è una sciocca battuta, anzi è un fondo di verità. Nell'antichità i popoli facevano guerra per motivi demografici (costruire colonie per smistare il surplus popolare) o per motivi economici (ricerca di risorse alimentari o primarie). Quindi ogni guerra che prevedeva la conquista di territori in realtà è sempre stata mossa da interessi puramenti economici e non di prestigio come ci hanno insegnato. La conquista del Nuovo Mondo non è stata mossa ad esempio da motivi religiosi, cioè i re cattolicissimi di Spagna non hanno intrapreso una così lunga e difficile conquista con lo scopo di diffondere il cristianesimo: in realtà, mascherandosi con queste futili motivazioni, hanno realizzato uno dei più grandi bottini della storia dell'umanità. Le enorme ricchezze sono state le molle che hanno spinto intere nazioni a far guerra, a sacrificare uomini, il tutto per permettere ad una stregua minoranza di persone di accaparrarsi il meglio. Queste considerazioni possono sembrare di ispirazione marxista ed è così: come diceva Marx i borghesi fanno guerra spinti dallo loro bramosia di sopravvivere (aggiungo tutti gli uomini, non solo i borghesi) accaparrando sempre maggiori quantità di prodotti. Per cui da ciò potrebbe nascere una visione pessimistica della storia e del futuro: non ci sarà mai pace finchè ci sarà bramosia di ricchezza. Questo però è un punto tutto da chiarire. Ritornando a noi, gli ultimi eventi che ci riguardano da vicino sono gli interventi che la Nato con la partecipazione degli Usa stanno portando avanti contro l'ormai morto (non con sicurezza) regime del Rais Gheddafi. Sappiamo tutti della "Primavera Araba", ossia di queste sommosse che hanno sconquassato gli equilibri dei regimi dell'Africa settentrionale e del Medio Oriente. Alcuni dittatori come in Tunisia e nell'Egitto sono caduti, mentre in altri paesi sono sul punto di decadere. In Siria ad esempio il regime è sul punto di collassare se non farà riforme al più presto, ma esso continua ancora a reprimere le rivolte facendo strage tra i protestanti. Ci sono molti altri casi che qui non cito per questioni di spazio testuale. Le sommosse in Libia sono controllate dai cosiddetti Shabab, ossia i giovani libici, i quali hanno abbracciato il fucile per combattere i servi del Rais. Era chiaro che ci sarebbe stata una strage se Gheddafi avesse ripreso il controllo delle città perse. Gli Shabab insieme al governo provvisorio di Bengasi hanno sempre auspicato un aiuto internazionale per fermare una carneficina. Gli Europei, specialmente la Francia (ma anche il nostro paese) hanno sempre nutrito forti interessi per l'area libica: il motivo è semplice lì si trovano grandissimi giacimenti di petrolio e gas. Esistono trattati per consentire lo sfruttamento di queste risorse, ma il Rais ha sempre chiesto in cambio alti prezzi. Quindi era chiaro che i paesi europei insieme agli Stati Uniti hanno affrofittato del momento di debolezza del Rais per sostenere gli Shaba in questo tentativo di deposizione di un uomo antipatico alle autorità di mezzo mondo. All'Onu la proposta di un intervento "umanitario" non si è fatto attendere: la Francia e l'Inghilterra, con l'appoggio degli Usa, hanno chiesto di intervenire con una No Fly Zone, cioè creare un embargo areo per impedire alle truppe fedili al Rais di attaccare i civili e fare una strage inutile. La richiesta è stata messa ai voti e, nonostante l'opposizione di alcuni paesi, è passata la risoluzione nota come, 1973. E' iniziato l'intervento tra mille polemiche e diatribe tra i paesi partecipanti, specialmente la Francia, che non vuole mollare l'osso per evitare di perdere futuri contratti economici con il futuro governo Libico. Nessuno lo dice chiaramente ma tutti noi, comuni mortali, lo sappiamo che ciò che vogliono questi paesi è il petrolio o meglio l'Oro Nero come oggi viene chiamato. Altre guerre sono state combattute per conquistarlo e non le sto ad elenchera poichè tutti noi le conosciamo. Allora perchè continuamo a parlare di guerra "umanitaria"? Perchè Sarkozy e anche l'Italia non dicono che sono intervenuti perchè avevano forti interessi economici? Aspettiamo lo svolgere delle vicende per vedere se le mie così come le vostre stesse ipotesi siano vere!